LA PAROLA «MUSICA»

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“Nel contesto della trance, chiameremo 1musica ogni fenomeno sonoro ad essa associato non riconducibile al linguaggio (si tratterebbe in tal caso di parole e non di musica) e che presenti un certo livello di organizzazione ritmica o melodica.
Prenderemo quindi la parola «musica» nel senso più empirico e più ampio possibile del termine, cioè non come un’arte bensì come una pratica dai molteplici aspetti, che vanno dal semplice delicato frusciare di un sonaglio di vimini allo scatenamento assordante di un rullio di tamburi, dal tintinnio solitario di una campanella di ferro agli splendori orchestrali di un gamelan balinese, dalla più elementare monodia, cantata recto tono, alle più complesse polifonie vocali (quelle dei boscimani, ad esempio), dalla linearità di un certo tipo di battito di mani al sapiente intrecciarsi di un insieme di percussioni, dalla raffinatezza di un’aria di violino sapientemente modulata da un professionista alla rusticità di un richiamo mugi emesso da una tromba di corno o prodotto dallo strofinio di un chiodo sulla superficie di una bottiglia di birra vuota”.

Gilbert Rouget


1Rouget G., (1980), “Musica e trance”, Einaudi, Torino 1986, p. 91, 92.