Delogu Chiara, Puzze ed emozioni
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- Categoria: HUMANA MUSICA
- Pubblicato Mercoledì, 10 Marzo 2010 09:48
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“Le emozioni sono in rapporto
con gli organi di evacuazione,
perché le emozioni sono rifiuti.”.
Aristotele[1]
Michele[2] percuote lievemente la conga.
E inizia il nostro gioco di sguardi.
Mi provoca, vuole vedere dove voglio arrivare.
E poi d’improvviso un peto.
Sonoro.
Una risata maliziosa e negli occhi un guizzo di magia.
Michele c’è.
È lì mi sta regalando un pezzo aereo di sé.
Quel suo essere così minuto, fragile, magro e ossuto, parla di sé, quel bimbo è capace di decidere come, quando e perché.
Mi destabilizza e dentro di me, quel suono rompe il silenzio che ci divide.
Di fronte a lui mi sento piccola e uguale.
Vibriamo per simpatia come due viole d’amore, perché ci riconosciamo, perché riconosco l’umano e l’ironico che c’è in lui. Non siamo tanto dissimili.
Mi sta comunicando simpatia, (sun-patere), patire con, partecipo con lui di lui e di un noi.
Le sue puzze, sono i suoi suoni sonori e triviali.
Leggo il grottesco che mi abita e partecipo con tutta la mia umanità, con tutto il mio essere materia.
Ad oggi sono divertita ripensando a quanto mi accade.
Divertita perché il messaggio è fuori dagli schemi, clownesco e irriverente.
Gli occhi che brillano di furbizia e un sorriso sdentato mi accompagnano.
Quanto è meraviglioso il volto dell’intelligenza e il volto del cuore. Senza regole, senza schemi, senza costrizioni.
“Fra tutte le cose generate da questo mondo, non ve n’è alcuna che sia di per sé impura: ditevi soltanto che il vostro cuore dispone della libertà di accettare o respingere tutte le manifestazioni della vita a seconda delle sue capacità di sublimazione.
Persino gli escrementi generati da ogni cibo denso non meritano disprezzo alcuno, non appena se ne comprende la funzione: essi non sono sporcizia ma trasformazione, non sono decadenza ma piuttosto un potenziale di rigenerazione.
Essi sono il supporto di ciò che consente alla natura fisica di perpetuarsi e di trovare, in seguito, un certo equilibrio.
Lo stato di marcescenza e di decomposizione è una fase necessaria nella meravigliosa avventura della Vita che viene offerta, ma non appena la prossimità fisica di questo evento sfiora la vostra vista, vi sentite in imbarazzo.
Se la materia in decomposizione, di per se stessa, non è affatto vile, essa non va comunque mischiata da vicino a ciò che vive alla luce del sole; vedete infatti che una pianta muore se le sue radici conoscono un contatto diretto con il letame.
Il giusto atteggiamento è quello della corda, che da sempre vi viene tesa fra due cime.”[3]
In questo senso vivo e ascolto le puzze-suoni di Michele.
Come qualcosa che attraversa, che lascia, fuoriesce, perché fa parte di un’emozione. Esse stesse sono emozioni.
Dogana[4] sostiene che una teoria proposta per chiarire l’origine del linguaggio è quella mimico-gestuale.
Secondo tale teoria esisterebbe un rapporto naturale tra i suoni emessi e lo stato organistico attivato da particolari vissuti emotivi: il suono sarebbe una specie di traduzione vocale del gesto e le sue qualità acustiche sarebbero in qualche modo isomorfe con le qualità mimiche in cui si esprime l’azione.
Osservo Michele e scopro che è sempre in tensione.
L’esercizio mentale che mi impongo è quello di immedesimarmi in lui per cercare di capirlo meglio e scopro che entrano in gioco le sinestesie.
Il corpo percepisce i suoni, i suoni avvengono per parlare di una tensione, del coraggio di dire in maniera differente.
L’odio e l’aggressività, caratterizzate da una mimica contratta, tesa, spasmodica, si traducono in espressioni verbali in cui predominano i suoni “duri”, quali le occlusive sorde e le fricative.
Secondo Platone, nel Cratilo, i fonemi S, PS, F, Z equivalgono a aspetti specifici dei referenti, ciò vale a dire, che i fonemi in questione equivalgono a sensazioni di soffio e moto, mentre per Court de Gebelin, le sibilanti S/Z richiamano a fischi e sibili. Grammont coniuga le due riflessioni e definisce una fonetica impressiva caratterizzata da rumori di soffio, sibilo e ronzio e una fonetica espressiva, caratterizzata da velocità e levigatezza.
Se per i cratiliani il fonosimbolismo sarebbe un fenomeno primario, autoctono, insito per natura nelle caratteristiche della sostanza fonica, quindi universale e necessario, per Saussure il fonosimbolismo è un fenomeno secondario, dipendente dal senso. È il significato a creare i valori espressivi e così ne deriva la teoria secondo cui uno stesso suono può assumere simbolismi differenti a seconda del contesto semantico in cui è inserito.
Dogana, inoltre, propone una classificazione dei fatti fonosimbolici:
- prelinguistico o fonetico, a cui attribuiamo valori espressivi a singoli fonemi o gruppi di fonemi non ancora strutturati in un significante linguistico;
- linguistico o fonologico, che riguarda le onomatopee e le parole espressive;
- poetico o fonoestetico, dove i fenomeni espressivi sono spesso creati autonomamente dal poeta, mediante l’orchestrazione e il gioco delle allitterazioni.
Secondo questa lettura, Michele privilegia fatti fonosimbolici prelinguistici, sottolineando con suoni duri e peti le tensioni emotive.
La prospettiva gestaltica sostiene che i caratteri espressivi sono fin dall’inizio e autoctonamente presenti nelle configurazioni percettive al pari delle qualità primarie e secondarie.
I fatti espressivi vengono dunque percepiti come qualsiasi altro dato percettivo e lo scambio tra interno ed esterno, tra soggettivo e oggettivo, che in essi viene alla luce e da cui traggono il significato, si fonda non su una estrinseca ed arbitraria aggiunta di senso, ma su un intimo e strutturale isomorfismo tra i due livelli dell’esperienza.
Le corrispondenze sinestesiche derivano quindi da analogie strutturali o isomorfiche, che vengono colte in forma immediata. Ciò ci porta a definire le differenti forme di espressività fonetica:
- simbolismo ecoico, il suono richiama a qualche aspetto sonoro del designato, come le onomatopee;
- simbolismo sinestesico, quando il suono evoca caratteristiche dei designati pertinenti ad altre modalità sensoriali;
- simbolismo fisionomico, quando il suono evoca caratteristiche emotive e psicologiche.
È proprio nel simbolismo fisionomico, che secondo me, Michele dimostra tutta la sua voglia di esprimere il non verbale e forse anche il verbale.
Le qualità di un suono hanno diverse polarità quali acuto grave, forte debole, dolce aspro, vivo morto, leggero pesante, pungente soffice, sordo risonante… secondo tale prospettiva, le qualità acustiche dei fonemi possiedono in se stesse certe qualità espressive, e se tali qualità venissero applicate anche alle puzze di Michele, cosa ne verrebbe fuori?
Su questo simbolismo primario si innestano altre traduzioni sinestesiche: piccolo è isomorfo a leggero, sottile…
E, a livello fisionomico, ciò che è piccolo, leggero e luminoso è percepito come delicato, grazioso, gentile, fine.
“La reazione emozionale corporea resta in ogni caso una traccia ineludibile inscritta nel vissuto corporeo del paziente e comunque comunicata nella relazione empatica.” [5]
Secondo quanto proposto da vari autori il rapporto tra struttura musicale ed emozioni evocate si può classificare secondo alcuni parametri musicali.
A noi interessano le espressioni di rabbia, che vedono protagonisti questi parametri musicali:
- metro rapido;
- livello sonoro alto;
- contrasti relativamente aspri tra note lunghe e corte;
- assenza di rallentando finale;
- articolazione per lo più non legata;
- attacchi molto secchi;
- timbro brusco;
- note distorte.
Michele nelle sue espressioni tipicamente musicali dimostra di far parte di questa categoria.
Le sue puzze assumono caratteristiche differenti a seconda delle giornate.
Se per la produzione musicale, il leit motiv è la rabbia, manifestata attraverso i parametri musicali sopraccitati, per quanto riguarda i peti, questi assumono caratteristiche diverse di volta in volta poiché, possono essere:
- fragorosi se iniziali e spontanei;
- silenziosi quando ci guardiamo negli occhi;
- improvvisi per farmi uno scherzo;
- sibilanti per raccontare l’ansia;
- faticosi se indotti volontariamente.
E l’intensità del forte e del debole varia in prossimità del desiderio di comunicare con me.
È il processo dinamico delle emozioni, che si coniuga in modi diversi ogni volta.
Chiara Delogu
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[1] Aristotele, Sull’anima, Adelphi, Milano 1992.
[2] Nome di fantasia, in ottemperanza alla legge della privacy.
[3] Anne e Daniel Meurois-Givaudan, L’incontro con lui, Amrita, p. 98.
[4] Dogana F., Suono e senso, Franco Angeli, Milano, 1998.
[5] Postacchini P. L., Postfazione a Ginger Clarkson, “Ho sognato di essere normale”, Cittadella Editrice, Assisi 2006, p. 166.