Cavallini Daria, Un viaggio musicoterapico verso… se stessi
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- Categoria: HUMANA MUSICA
- Pubblicato Sabato, 15 Giugno 2013 09:00
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Da circa un anno condivido con Flavia[1] gli incontri di musicoterapia[2]. Poco meno di trent’anni non ha mai vissuto una relazione sentimentale, ha bisogno di tenere tutto sotto controllo per contenere il più possibile la sua ansia e la sua profonda solitudine. Diffidente, teme sempre di essere allontanata, meglio “abbandonata” perché l’abbandono è il suo cruccio… anche un appuntamento mancato per un imprevisto è per lei un abbandono. Ha bisogno di affetto e carezze, ma tutto il suo corpo si irrigidisce se la si abbraccia. Fa fatica ad accogliere le sue emozioni e, spesso, ‘vive’, quelle delle persone a lei particolarmente care, in maniera possessiva. Se coglie un sentimento di natura amorosa verso qualcuno, si dà per vinta in partenza e, parole sue,: “Me faccio passare!”. Quest’universo di emozioni dimora con sofferenza nel suo profondo a discapito di un’autenticità che la porterebbe a essere amata, cercata e compresa. C’è voluto molto, molto tempo prima che iniziasse ad “accogliere” ciò che il cuore le diceva e… finalmente un giorno arrivò al suo incontro dicendomi che non aveva portato nulla; ciò capitava quando era nervosa e si controllava emotivamente. Mi chiese un evento musicale eseguito col pianoforte purché sia forte e imponente. Rimasi un attimo in “ascolto” di me stessa, respirai profondamente… aspettai che nella mia mente affiorasse il titolo del brano ed ecco che apparve chiaro e nitido: Studio n.10 op.12 di Chopin, La caduta di Varsavia. Durante l’audizione le chiesi di ascoltare in particolare cosa vivesse il suo corpo. Rimase un attimo sorpresa, non si aspettava tale invito, ma avevo deciso di variare leggermente lo schema “rassicurante” dei nostri incontri, inducendole, con questa richiesta, una lieve forma di ansia perché ritenni che fosse giunto il momento opportuno per variare la dinamica relazionale dei nostri appuntamenti. Si sedette sul divano. Con le gambe accavallate e la bocca lievemente contratta, guardò i fogli con le schede da riempire e, più rivolta a se stessa che a me, sussurrò: ”Non lo so…”.
Il brano iniziò con tutta la sua forza; lei rimase ferma… con gli occhi chiusi fino alla fine... poi cominciò a raccontare:
“Ho provato disorientamento e affanno più mentale che fisico.
…
Sensazione di correre, correre e non arrivare.
…
Sentivo, non lo stomaco, ma la pancia… contratta e, quasi al termine, si è riempita d’aria.
Dopo tanto correre all’improvviso uno squarcio! Intorno grigio scuro al centro arancione con delle nuvole bianche e un’aquila che batte le ali.
…
Avevo la sensazione di averla davanti ai miei occhi …
sentivo l’aria e andava verso il centro arancione che non aveva termine… non era una sensazione negativa, sentivo che andava verso qualcosa di bello… di libero!”. Le chiesi come si sentisse fisicamente e cosa avesse colto. Rifletté un attimo e rispose: “Niente… ho le braccia un po’ indolenzite…”.
Sentii una morsa allo stomaco, una contrazione di emozioni e mi accorsi di vibrare come se potessi visualizzare il flusso delle mie energie… pensai… sarà lei l’aquila?
L’arancione poteva essere la sua essenza che si stava concedendo di iniziare a “veder-si”?
Le sue braccia erano indolenzite e l’aquila volava.
Non so se la mia intuizione fosse giusta, ma sentii fluire le energie e le chiesi di descrivermi l’aquila.
“Solitaria, piccola e forte, sovrastante tipo un re; volteggia e prende quello che vuole; burbera, non t’ispira tenerezza; mi viene brutta, ma non è brutta; un po’ bacchettona… no in realtà ho pensato alla signorina Rottermaier di Heidi, con la testa piccola, gli occhietti e… quel becco…”.
Ero strabiliata!
Si stava descrivendo senza rendersene conto!
Come aiutarla?
Forse stava parlando proprio di lei?
Le chiesi cosa pensasse della sua ‘visione’.
Mi disse che l’aquila era reale, come se lei (Flavia) non fosse sul divano seduta, ma in “un’altra dimensione…”.
La invitai a descriversi.
Mi guardò un po’ stupita e rifletté.
...
La invitai ad “andare di pancia”.
Iniziò a parlare poi, all’improvviso, si fermò.
Sbarrò gli occhi ed esclamò: “L’aquila sono io... le braccia… le ali!”.
Avvertii un’emozione fortissima… una grande gioia e silenziosamente ringraziai il “tempo dell’universo” perché, lasciando fluire tutte le energie, Flavia si era finalmente concessa di ‘accogliere’ se stessa… la guardo con tenerezza e le risposi: “ Sì”.
Mi disse che non aveva provato sensazioni negative, anzi andava verso qualcosa… come uno spazio infinito… però lei non si prendeva tutto quello che voleva, come l’aquila, perché aveva paura. Era come se, dopo aver aperto 99 cancelli, si fermasse all’ultimo e tornasse indietro.
…
Le risposi che forse questa volta aveva abbassato la maniglia del centesimo cancello.
…
Rimase in silenzio, mi guardò e il suo viso s’illuminò.
...
Credo che quell’arancione rappresenti la sua parte più profonda negata per anni dal grigio contorno.
Flavia non ne era ancora consapevole di quanto aveva fatto, ma questo… è un altro viaggio.
Il kairos… ha il suo tempo.
Daria Cavallini
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[1] Nome di fantasia, in ottemperanza alla legge della privacy.
[2] L’autrice utilizza una metodica musicoterapica elaborata personalmente, fortemente incentrata sull’ascolto, esposta in: http://musicoterapieinascolto.com/ebook/160-cavallini-daria-musicoterapia-con-gli-adolescenti