Pasinetti Sandra, Alla ricerca dello spazio di contatto con Simona

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La fase iniziale del trattamento musicoterapico è stata caratterizzata dalla progressiva definizione dello spazio in cui attivare il contatto tra me e Simona (nome di fantasia, in ottemperanza alla legge della privacy). In relazione allo spazio la ragazza alternava momenti in cui si spostava in diverse direzioni all’interno della stanza, ad altri in cui tendeva a porsi in un angolo prossimo agli strumenti musicali e, rimanendo in posizione immobile o dondolandosi, rivolgeva lo sguardo verso di me sostenendo un breve ma intenso contatto oculare. Il contesto musicoterapico inizialmente organizzato, probabilmente, risultava troppo “aperto” e ciò rendeva difficile riuscire a delineare uno spazio che comprendeva la mia presenza e quella di Simona in una dimensione di contatto. All’interno del contesto, infatti, era possibile individuare due punti, non ancora di contatto, ma idonei per creare una situazione frontale, uno scambio di sguardi e una disposizione prossimale tra me e Simona. Il primo punto era localizzato nelle vicinanze degli strumenti musicali e, in esso, venivano favorite situazioni frontali però non statiche ma dinamiche perché la ragazza tendeva a mantenere una posizione eretta e a spostarsi in continuazione. Il secondo punto si trovava vicino alla fonte di emissione sonoro-musicale dove c’erano due sedie che permettevano di raggiungere una situazione frontale in posizione seduta. Ho cercato di unire questi due punti in un unico spazio comune di contatto (S.C.C.) modificando gradualmente la collocazione degli strumenti musicali all’interno del contesto musicoterapico. Le congas sono state avvicinate alla fonte di emissione sonoro-musicale considerando che i due punti precedentemente descritti comprendevano proprio queste due componenti (congas e fonte di emissione sonoro-musicale) le quali, però, erano troppo lontane tra di loro. La collocazione di due tamburelli, dello xilofono e di un tamburello basco è stata modificata al fine di riuscire a mantenere per Simona il riferimento della loro posizione rispetto alle congas. Lo xilofono è stato posto su un tavolino perché, altrimenti, per essere suonato richiedeva una posizione inchinata in avanti che escludeva a priori la possibilità di raggiungere una situazione di scambio o di incontro caratterizzata, soprattutto, da una disposizione corporea che denotava accoglienza e da un contatto visivo. All’inizio del ciclo iniziale erano presenti due tamburelli baschi ma poi uno è stato tolto in considerazione del fatto che, con questo mediatore strumentale, si esprimeva solo Simona e quindi non era necessario avere la coppia. I tamburelli invece sono rimasti due perché uno di essi costituiva il mediatore strumentale usato in prevalenza dalla musicoterapista e l’altro era a disposizione della ragazza per realizzare espressioni sonoro-musicali. É stata proposta anche una tastiera come nuovo mediatore strumentale al fine di poter fornire a Simona un ulteriore stimolo per le sue espressioni sonoro-musicali, creando la possibilità di produrre suoni con durata-valore maggiore rispetto a quelli provenienti dagli strumenti musicali a percussione. Lo spazio di contatto è stato delimitato da tre sedie che sono state disposte in modo che costituissero tre angoli di un triangolo aperto per poter fare entrare Simona. Due sedie, quindi, sono state disposte frontalmente ai lati degli strumenti; mentre una sedia è stata messa dietro le congas. C’è stata la possibilità di cogliere un altro punto di contatto che stava sorgendo vicino al materassino dopo che questo era stato inserito nel contesto musicoterapico come nuovo elemento di arredo. L’inserimento di questo nuovo punto di contatto nello S.C.C. non è stato confermato perché l’intervento musicoterapico ha subito una conclusione-interruzione inaspettata e improvvisa. Nel contesto musicoterapico è stato possibile individuare quattro punti di contatto: due punti si trovavano in prossimità di due angoli della stanza e inizialmente rientravano nello S.C.C., poi sono rimasti esclusi da quest’ultimo in seguito allo spostamento degli strumenti musicali.  Questi punti di contatto si sono mantenuti per tutto lo svolgimento dell’intervento musicoterapico anche se, nel ciclo iniziale e in quello finale, alcune volte, sono risultati invertiti perché Simona stava negli spazi che generalmente erano occupati da me e viceversa. All’apparenza sembrava che le modifiche apportate al contesto musicoterapico non provocassero in Simona alcuna reazione particolare né una maggior spontaneità nel mettere in atto modalità espressive. Gli “inviti” ad usare gli strumenti che io rivolgevo a Simona risultavano probabilmente troppo “direttivi” e provocavano in lei atteggiamenti di rifiuto, fuga uniti a stati di aggressività e di malessere. Il mio atteggiamento voleva essere “accogliente” e “stimolante”, invece c’era il rischio di farlo diventare troppo autoritario e teso perché era dettato dalla paura di sbagliare e di creare situazioni che per me sarebbero risultate deludenti. Quando comunicavo con Simona, sia a livello verbale e  non verbale, le trasmettevo le mie intenzioni in modo “invadente” e la spingevo così a fare necessariamente ciò che io desideravo. Probabilmente questo atteggiamento molto “insistente” negli inviti che rivolgevo a Simona mi impediva di cogliere alcune sue “proposte” o addirittura poteva diventare un elemento che causava un’inibizione delle “iniziative” che la ragazza aveva. Mi sono, quindi, proposta per il ciclo intermedio dell’intervento musicoterapico di ascoltare maggiormente Simona evitando di risultare troppo direttiva, cercando di “accompagnare” ogni sua libera espressione e ponendo particolare attenzione a tutte le dinamiche che, accuratamente seguite, potevano portare ad un contatto con lei.

Sandra Pasinetti

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