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Categoria: ESPERIENZE
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Pubblicato Martedì, 01 Febbraio 2011 08:13
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Durante la fase iniziale di progettazione dell’esperienza musicoterapica rivolta a una persona avente ridotte capacità relazionali ho sentito l’esigenza di individuare delle risposte efficaci e funzionali a queste domande:
- che cosa s’intende per musica in ambito musicoterapico?
- che cosa s’intende per terapia in ambito musicoterapico?
- come si articolano i termini musica e terapia in ambito musicoterapico?
Musica... Per riuscire a individuare risposte plausibili ho analizzato e comparato il pensiero musicoterapico di Postacchini, e le riflessioni di Bonardi. Bonardi per definire la musica in ambito musicoterapico utilizza la terminologia Dimensione Sonoro-Musicale (D.S.M.) ed indica “l’insieme eterogeneo delle sonorità ambientali (naturali, tecnologiche, familiari) e delle musiche (strutture ritmiche, melodie, canti, brani musicali) iscritto nel patrimonio mnemonico come risultante delle peculiari modalità di interazione (percezione ed espressione) elaborate dalla persona nei riguardi dell’habitat acustico-musicale di appartenenza (area geografica sonoro-musicale ben precisa […])[1]. Per Bonardi, in ambito musicoterapico (“terapeutico”), non si fa riferimento a “una musica” ma alle “musiche” perché tutti i tipi di musica assumono pari dignità purchè appartenga alla persona presa in esame e siano funzionali ai fini della relazione. Seguendo il pensiero di Schneider M., Bonardi afferma che le musiche possono essere raggruppate in due categorie:
a) musiche naturali espressive che non soggiacciono a un progetto estetico;
b) musiche che soggiacciono ed un progetto estetico-culturale.
Inoltre ritiene possibile considerare l’espressività sonora della persona (grido, voce, gesto) come “musica”. In questo senso mi riferisco anche a quanto afferma Postacchini”: “Il vocabolo musica viene generalmente utilizzato in musicoterapia nella sua accezione più ampia, quella corrispondente al significato di “Universo Sonoro” […]”. Inoltre: “I materiali utilizzati non sono esclusivamente quelli dotati di una organizzazione formale complessa o di qualità estetiche di particolare rilievo, bensì anche eventi acustici comuni come sonorità corporee, di oggetti, ambientali ecc.”[2]
Terapia... Bonardi, tra i diversi significati che possono essere attribuiti al termine terapia in ambito musicoterapico, pone la sua attenzione a quelli che gli riconoscono il significato di “curare” la persona, ossia “aiutarla a riattivare modalità comunicative precedentemente interrotte […], ad attivare un processo interattivo non verbale tra i poli diadici del sistema relazionale musicoterapico”[3]. Postacchini, in riferimento al terapeutico in musicoterapia, afferma che: “... si parla di cose che hanno attinenza con la cura della persona, cioè con la salute, con la malattia e con le metodiche (terapia-riabilitazione) per migliorare le condizioni di chi è ammalato”.[4] In merito alle metodiche terapia-riabilitazione e al loro ambito d’intervento musicoterapico, Postacchini pone anche il problema della definizione dei rapporti che ci possono essere tra di loro. “L’ambito all’interno del quale si muove l’intervento riabilitativo è quello del reale […]. La strategia principe della riabilitazione è quella che chiamiamo un procedere “dal di fuori” [..] perché, a nostro avviso, si basa su una prassi […], su una struttura esterna ben organizzata, che viene somministrata all’individuo […] nella convinzione che questi ne possa assumere gli schemi, le parti, le funzioni, l’armonicità”[5]. Postacchini concentra l’attenzione sugli interventi a carattere psicoterapico. “L’ambito all’interno del quale generalmente opera l’intervento psicoterapico è quello del simbolico”. La psicoterapia è un procedere “dal di dentro”, ossia “si lavora direttamente sull’emotività e sui processi mentali, consci e inconsci, e quindi massimo è il livello di coinvolgimento affettivo nella relazione, sia da parte del paziente che da parte del terapeuta, con tutti i rischi e le necessità di un rigoroso training di formazione per chi intenda cimentarsi in tale lavoro”[6]. Questa precisazione risulta importante e fondamentale perché rappresenta per me un tentativo di riflessione finalizzato ad individuare l’ambito in cui agire con l’intervento musicoterapico esperito. Questo è avvenuto soprattutto in considerazione del pericolo di favorire l’insorgere di situazioni emotive regressive non facilmente controllabili in quanto riguardavano il settore di intervento terapeutico (psicoterapico) del quale, sulla base di una formazione psicomotoria, non ho competenze adeguate. Ho capito così che l’atteggiamento da assumere deve/può essere quello di cogliere quanto l’altro vive “veicolando” le emozioni attraverso il corpo e il movimento.Postacchini afferma che il termine musicoterapia, essendo composto da due vocaboli, musica e terapia divisi/uniti da un trattino, indica che il termine musica diviene il “mezzo” attraverso il quale si opera, mentre il termine terapia indica il “come” avviene il nostro agire. Sempre in questo contesto Postacchini ha ritenuto corretto parlare di quello che è stato definito come il tipo di “oggetto” cui può essere rivolto il lavoro musicoterapico affermando che esso può essere costituito da persone handicappate, tossicodipendenti o anziane. In particolare la musicoterapia può essere rivolta a persone aventi ritardo mentale grave-gravissimo, ridotte o pressoché assenti abilità relazionali[7] e, secondo la mia esperienza, con notevoli compromissioni a livello delle abilità socio-emozionali.
Musicoterapia... Per Bonardi risulta fondamentale, dopo aver definito i vocaboli musica e terapia separatamente, trovare un “nesso” tra loro che stabilisca una relazione analogica tra la musica e la terapia. “Il nesso che lega la musica alla terapia è individuabile nella ricerca del sonoro-musicale, caratterizzante la persona (D.S.M.) che permetta, aiuti (in senso terapeutico), il riattivarsi di modalità comunicative precocemente interrotte”. Inoltre “[…] lo studio dell’habitat acustico-musicale di appartenenza del singolo e delle sue peculiari modalità di percezione e di espressione sonoro-musicale […] (rende) possibile individuare alcuni aspetti della sua D.S.M. utili a riattivare il processo interattivo non verbale”. Infine: “Porsi in una situazione musicoterapica significa cercare di attivare le modalità interattive tra dimensioni sonoro-musicali (D.S.M.) diverse, ossia il complesso costituito da sistemi acustici-culturali-musicali caratterizzanti i poli della relazione diadica.”[8]
Considerazioni personali...
Riflettendo sui concetti presi in esame, ritengo che l’intervento musicoterapico consenta la ri-attivazione di modalità-dinamiche musicoterapiche all’interno di uno “spazio comune di contatto” (S.C.C.) tra persona e musicoterapista considerando la sonorità-musicalità-corporeità che caratterizza entrambe. Con la terminologia sonorità-musicalità-corporeità intendo l’insieme interrelato costituito da suoni e dalle musiche appartenenti all’ambiente di vita quotidiano della persona, dai personali “modi di essere e/o esserci” e dalle personali “risposte rivolte a sé e/o all’altro”. I “modi di essere e/o esserci” e le “risposte rivolte a sé e/o all’altro” riguardano l’essenza della persona. I “modi” fanno riferimento all’attuazione delle modalità di funzionamento degli organi di senso e soprattutto del movimento e dell’udito; mentre la “relativa inibizione” di queste modalità determina “risposte” da intendere come “disposizioni attentive alla ricezione”. Con i termini “modi di essere” e di “risposte rivolta a sé” indico modalità di funzionamento e disposizioni attentive che avvengono in modo non intenzionale, considerando l’altro come presenza passiva nel contesto musicoterapico, in una dimensione unidirezionale (percezione ed espressione rivolte a sé). Con la terminologia “modi di esserci” e di “risposte rivolta all’altro sé”, indico modalità di funzionamento e disposizioni attentive che avvengono a livello intenzionale, in presenza attiva dell’altro, in una dimensione bidirezionale nel contesto musicoterapico (ascolto e produzione rivolte all’altro da sé). Quando la manifestazione di questi modi avviene escludendo completamente l’altro da ciò che si sta esprimendo o percependo è possibile considerare il contesto in cui ci si trova come una dimensione unidirezionale; se, al contrario, avviene coinvolgendo l’altro allora significa che si sta esperendo una dimensione bidirezionale. Esclusione e coinvolgimento dell’altro nei personali “modi di essere e/o esserci” e nelle personali “risposte rivolte a sé e/o all’altro” permettono anche di chiarire cosa si intende per presenza passiva e/o attiva dell’altro in riferimento alle modalità di funzionamento soprattutto del movimento, dell’udito e della loro “relativa inibizione”. Se queste avvengono rifiutando quanto proposto dall’altro, allora si parla di una sua presenza passiva e di espressione-percezione; di converso, se avvengono accettando ciò che proviene dall’altro, si parla di presenza attiva e di dinamiche basate sulla produzione-ascolto sonoro-musicale. Quindi il “contesto musicoterapico” diviene una “dimensione” di manifestazione in senso unidirezionale o bidirezionale dei personali “modi di essere e/o esserci” e delle personali “risposte rivolte a sé e/o all’altro” che avvengono a livello non intenzionale o intenzionale, in presenza attiva o passiva dell’altro. All’interno del contesto musicoterapico si realizza uno “spazio comune di contatto” che prevede la presenza attiva in una dimensione bidirezionale, a livello intenzionale della persona e del musicoterapista. Dallo spazio comune di contatto nascono ulteriori fondamentali estensioni dello stesso (spazio), da considerare come “punti di contatto” tramite i quali il musicoterapista realizza una congruenza tra la sonorità-musicalità-corporeità che gli appartiene e quella della persona in relazione alla sua:
- durata (in termini di secondi e minuti);
- intensità (forte, media e debole);
- frequenza (numero di volte in cui accade nella seduta); altezza (intesa in alcune situazioni come parametro musicale dal quale ricavare suoni musicalmente codificabili).
Questi aspetti sonoro-musicali si rendono congrui in seguito alla “risposta” di chi si trova in una disposizione attentiva di ricezione rivolta alle modalità di funzionamento di chi, invece, sta esprimendo o percependo qualcosa. In conformità a questa congruenza è possibile favorire la nascita di un “contatto” tra chi è presente nel contesto musicoterapico. Con il termine ‘contatto’ mi riferisco ai personali “modi di esserci” e alle personali “risposte rivolte all’altro” che avvengono a livello intenzionale, in una dimensione bidirezionale, considerando l’altro come presenza attiva all’interno di uno spazio comune di contatto del contesto musicoterapico.
Sandra Pasinetti
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[1] G. Bonardi, Handicap e Musicoterapia – Osservazione musicoterapica rivolta a bambini e persone con ritardo mentale grave e gravissimo,in “Scuola Materna”, n.14-Inserto 10 aprile, Editrice La Scuola, Brescia 1998, p. 11. Ora in: Bonardi G. (2007), Dall’ascolto alla musicoterapia, Progetti Sonori, Mercatello sul Metauro (PU).
[2] P.L. Postacchini, A. Ricciotti, M. Borghesi, Lineamenti di musicoterapia, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1997, p. 29.
[3] G. Bonardi, Sul concetto di musicoterapia, in “Brescia Musica”, Anno IX, n. 44 – Dicembre, Bimestrale di informazione e cultura musicale, Brescia 1994, p.1. Ora in: Bonardi G. (2007), Dall’ascolto alla musicoterapia, Progetti Sonori, Mercatello sul Metauro (PU).
[4] Postacchini, Ricciotti, Borghesi, Lineamenti di musicoterapia, p. 59.
[6] Postacchini, Ricciotti, Borghesi, Lineamenti di musicoterapia, p. 68.
[7] G. Bonardi, La prassi musicoterapica “relazionale individuale”, in “Scuola Materna”, n.14 – Inserto – 10 aprile, Editrice La Scuola, Brescia 1999, p. I. Ora in: Bonardi G. (2007), Dall’ascolto alla musicoterapia, Progetti Sonori, Mercatello sul Metauro (PU).
[8] Bonardi, Handicap e Musicoterapia – Osservazione musicoterapica…, p. II. Ora in: Bonardi G. (2007), Dall’ascolto alla musicoterapia, Progetti Sonori, Mercatello sul Metauro (PU).