Parker Deborah, In viaggio con Eleonora, alla ricerca di una base sicura... sonora
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- Categoria: ESPERIENZE
- Pubblicato Mercoledì, 18 Marzo 2009 08:11
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Questa proposta non è altro che una virgola, un respiro tra una frase già composta e un’altra ancora da concepirsi.
Rende conto dell’esperienza personale in un periodo breve - dal 2005 fino ad oggi -, ma intensissimo, di formazione e lavoro nel campo della musicoterapia.
Non ha la presunzione di condurre a risultati sicuri, ma indaga sull'impiego del ‘musicale’ come struttura e contenuto della relazione terapeutica.
L’uso del termine ‘musicale’, in tutta la prposta, denota l’intera gamma di fenomeni - provenienti dall’ambiente o espressi da una persona col proprio corpo o agendo su oggetti - che possono essere descritti nei termini dei parametri musicali.
Sono inclusi fenomeni non sonori (per esempio gesti nel silenzio) che hanno proprietà musicali.
L’usuale distinzione tra “suono” e “rumore”, invece, si ritiene fuorviante e quindi non applicabile.
Esponendo e esplorando materiali sonoro-musicali ricavati direttamente da sedute di musicoterapia, rifletto sul mio ruolo di terapista, sulle mie proposte e risposte, identificando le caratteristiche di una base sicura sonora e tracciando la sua evoluzione.
I soggetti dello studio sono due: la persona in terapia, conoscibile solo attraverso i comportamenti nel contesto della relazione musicale, e io musicoterapista, nel ruolo della “figura di attaccamento” che contribuisce allo sviluppo di una base sicura per chi è in terapia.
Questa prospettiva è di grande importanza per me perché rappresenta il concetto più illuminante del processo formativo.
Inoltre mi sollecita una sfida infinitamente stimolante, quella di essere sempre in una posizione di ricerca e di nutrire in me stessa la mia base sicura: l’accoglienza e l’ascolto dell’altro sono possibili solo se si riesce ad accogliere ed ascoltare se stessi.
C’è qualcosa di paradossale nello scrivere utilizzando, come è inevitabile fare, il sistema comunicativo verbale, che porta però in discussione il sistema comunicativo ‘musicale’.
Rispetto al ‘musicale’, il linguaggio verbale non è migliore, è semplicemente diverso; comunica contenuti diversi e non è in grado di sostituire il musicale:
“La musica è intellegibile e intraducibile. E proprio per questa irriducibilità può essere il discorso che riesce a dire qualcosa là dove il linguaggio incontra un limite.” [1]
Per questo motivo, questo mio lavoro, lascia ampio spazio alla musica, avvalendosi dei codici condivisi di trascrizione musicale per presentare prima di tutto i vissuti musicali in musicoterapia (capitolo I).
Per chi legge una partitura con la stessa facilità di un testo verbale, la ‘rilettura’ che segue ogni trascrizione sarà tautologica.
Invece le analisi musicali danno inizio al cammino dall’esperienza fenomenologica, verso una teorizzazione necessaria per fare di una pratica un modello concettuale corredato da un’adeguata metodologia.
I capitoli II, III e IV riportano gli studi e le considerazioni che mi hanno permesso di individuare una struttura teorica di partenza nella quale collocare la mia pratica di musicoterapia, sempre in riferimento al ‘leitmotif’ della base sicura. Come sintesi finale, il capitolo V presenta la mia ‘presa di coscienza’ da musicoterapista nei confronti del percorso osservato e descritto nel primo capitolo, con un’interpretazione in chiave psicodinamica che rende esplicita la terapia nella musica, appoggiata sulla costruzione consapevole della base sicura sonora.
Deborah Parker
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[1] Gaita (1991), “ Il pensiero del cuore”, Bompiani, Milano, p. 17.