Da Rold Marzia, Quando la musicoterapia è creativa, le emozioni felici... risuonano

Valutazione attuale:  / 0
ScarsoOttimo 
  «Ciò che noi ricerchiamo è l’impatto emotivo
che l’azione più semplice può avere sul senso di sé della persona.
Se muove la mano in modo nuovo
o emette un suono, prima dora mai udito,
o suona una battuta per la prima volta,
quella persona ha compiuto un atto creativo.
Questo atto creativo,
 se riconosciuto e ampliato musicalmente,
 può dare origine allo stimolo innato di spingersi in fuori,
di spaziare,
di crescere[1]».
 
Edith Boxill
 
Un atto creativo generato dall’impatto emotivo, che può dare origine ad uno stimolo innato di spingersi in fuori, spaziare e crescere.
È ciò che cerco di leggere in quello che ho esposto nelle pagine di questo lavoro, cercando di mettere insieme i piccoli successi che hanno dato lo slancio per conseguire alcuni obiettivi.
La situazione di partenza era tuttaltro che felice.
Mi poneva davanti una persona, Ilaria, che a molteplici livelli era privata di stimoli, di modi di vedere, sentire, toccare, comunicare.
L’aggancio con il suono è stato un passo importante per aiutarla ad uscire, a mettere in moto le sue risorse, per portarla a dire e a comunicare la sua presenza[2].
Partecipare a questo processo di scoperta e di crescita è stato un passo importante, nell’esplorare e sperimentare insieme i modi di favorire ed incrementare l’ascolto nella consapevolezza di sé e dell’altro.
Al termine del percorso, ho potuto così rendermi conto di quanto è maturato complessivamente in questi due anni, e di quanto questi incontri sono stati fecondi nel generare in I. quegli atti creativi di cui parla la Boxill.
Riassumere in modo schematico le potenzialità ritrovate e rinnovate può servire per avere una visione unitaria dell'intero processo musicoterapico nei suoi sviluppi più felici.
Ciò che, in sintesi, ha caratterizzato il cammino di apertura di Ilaria lo posso visualizzare a questo punto in questi brevi punti:
  • sviluppo di modalità comunicative vocali intenzionali;
  • sviluppo di modalità comunicative e di risposta “strumentali attraverso il battito delle mani;
  • comparsa dell'imitazione, attraverso il la la la muto;
  • diminuzione notevole della rigidità corporea;
  • maturazione di un contatto corporeo spontaneo ed intenzionale;
  • intensità della relazione, attraverso il movimento corporeo intenzionale e in risposta a stimoli sonoro-musicali ben precisi.
In sostanza, un piccolo grado di consapevolezza raggiunta nel percepire se stessa e la realtà attorno a sé, interessandola al suo esserci nel mondo.
«Il nostro corpo è qualcosa di più delle possibilità che gli concedono i sensi, la sua vita può essere al di sopra o al di sotto di queste possibilità, perché a decidere del suo grado di vitalità non sono i sensi, ma il suo interesse per il mondo[3]».
Le sedute sono terminate il 16 ottobre 2001.
Con un alto grado di accoglienza anche gli operatori del Centro Diurno hanno constatato l'efficacia del mezzo musicoterapico, e la famiglia stessa si è espressa favorevole e soddisfatta, richiedendo la ripresa dell'attività.
La piccola trasformazione si è rivelata una grande fonte di luce in chi non riusciva a dare senso e speranza là dove tutto pareva inutile assenza di significato.
Marzia Da Rold

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 
[1] Boxill Edith Hillman, La musicoterapia per bambini disabili, Omega, Torino 1991, p. 117.
[2] Ivi: «Il terapista ha la funzione di far entrare la persona di essere consapevole a tutti i livelli (fisico, mentale, emotivo), di aiutarla a mettere in moto l’energia e le risorse interne, di concederle il tempo di assimilare l'attenzione destata e la consapevolezza crescente, di portarla dall'azione interna verso l’azione esterna».
[3] U. Galimberti, Il corpo, Feltrinelli, Milano 1987, p. 71.