Lovecchio Antonietta, La riscoperta della dimensione emotiva dell’adolescente mediante... la musicoterapia
- Dettagli
- Categoria: ESPERIENZE
- Pubblicato Martedì, 14 Ottobre 2008 09:00
- Visite: 2757
Gli uomini del Tempo Antico
percorsero tutto il mondo cantando;
cantarono i fiumi
e le catene di montagne,
le saline e le dune di sabbia.
Andarono a caccia,
mangiarono, fecero l’amore,
danzarono, uccisero:
in ogni punto delle loro piste
lasciarono una scia di musica.
Avvolsero il mondo intero
in una rete di canto...
(Bruce Chatwin,
Le vie dei canti,
Adelphi - 1988)
Ho sempre creduto nel potere forte della musica di veicolare emozioni, in un osmotico trasmettere messaggi e sensazioni, nella certezza che prima delle parole ci sia la musica, propria o dell'altro, e nel potere “di curare e salvaguardare l’anima” come sosteneva Aristotele, la musica quindi come evidenza sensoriale, come specchio in cui si possono decifrare le geometrie del mondo... In virtù di questo mio sentire, ho voluto approfondire e capire tutto questo, ed è così che ho deciso di frequentare il corso di musicoterapia di Assisi, dove ho trovato parte delle risposte, intuizioni e stimoli per mettersi in discussione sempre, come musicista e come essere umano, un percorso che non si conclude con una tesi, un cammino aperto e senza meta... Per lungo tempo ho praticato la professione della musicista a tempo pieno, cambiando orchestre e generi, sia come violinista che come sassofonista, trovandomi così nella condizione di dover trasmettere sensazioni comunicatemi da altri, (sebbene i codici di lettura ed interpretazione in una società come la nostra siano oramai assimilati, suonando in orchestra, si perde quella sacralità intima e personale), diventando così un operaio della musica, di questo fluido intangibile che tanto appartiene all'anima, questo non mi ha mai appagata totalmente, ho trovato pace solo quando ho potuto interamente esprimere la musica che avevo dentro, suonare con un direttore è bello ed interessante, ma è come vestire la pelle altrui, non lo si può fare per sempre, è alienante... Con l'arrivo della prima supplenza quattro anni fa, ho potuto iniziare a selezionare le situazioni concertistiche che mi venivano offerte, così facendo la mia figura di musicista è cambiata, ho potuto scegliere di suonare quello che più mi emozionava, iniziando così anche una ricerca di musiche diverse dalla classica e dalla jazz, finalmente ho potuto realizzare il desiderio di una musica “universale” che racchiudesse i linguaggi musicali appartenenti ad ogni genere e luogo e forma espressiva, con cui comunicare emozioni... Il nuovo contesto lavorativo, quello scolastico, più precisamente quello dell'insegnamento strumentale nei corsi ad indirizzo musicale nella scuola primaria di secondo grado, mi ha dato ampia libertà d'insegnamento, (i programmi d'insegnamento del sassofono, sono liberi ) e anche se devo sempre rispettare quelli che sono gli insegnamenti comuni quali solfeggio e musica d’insieme, sono comunque libera di organizzare il lavoro come più mi aggrada. Il nuovo lavoro, mi ha posto di fronte a nuovi quesiti e nuove problematiche. La mia domanda è stata: voglio insegnare uno strumento in modo accademico o piuttosto prendendo spunto dall’insegnamento per dedicarmi a quello che più mi interessa cioè la formazione dell’essere umano... all'emozione? Il mio interesse propende per la seconda ipotesi, ed è qui che entra in “ballo” la musicoterapia. Mi sono chiesta cosa possa aiutare gli adolescenti a riuscire a superare le difficoltà che si incontrano in questa età: difficoltà nella relazione con se stessi e con gli altri, soprattutto dell’altro sesso; difficoltà nella propriocezione del corpo in trasformazione; difficoltà di apprendimento; difficoltà nell’accettare il diverso, ecc. La mia risposta è stata “educarli all’emozione” con la musicoterapia, è così che ho potuto sperimentare attraverso dei progetti basati sulla musicoterapia (attiva e ricettiva), l’utilità di questa nella risoluzione di conflitti e disagi dell’età adolescenziale. Sono stata coinvolta dalla scuola, in un progetto europeo per la prevenzione al “bullismo”, il mio laboratorio musicoterapico ha incuriosito molto i partners europei (Francia, Svezia, Lettonia) che hanno fatto esplicita richiesta alla mia scuola, di fare l'esperienza della musicoterapia con un laboratorio per ragazzi a rischio nelle loro scuole, ed è per questo che nel dicembre 2005 sono stata a Parigi per una settimana, in una scuola della periferia, precisamente a Villeneuve - la - Garenne, riscuotendo notevole successo sia tra i ragazzi che tra i colleghi per cui ho tenuto un laboratorio a parte dove ho spiegato il senso della musicoterapia nella prevenzione al bullismo, ci tengo a precisare del successo avuto in Francia, perché in Italia, nella scuola dove insegno, il controverso progetto biennale è stato inficiato da colleghe che si sentivano a disagio nell’accettare la parola musicoterapia ed un progetto così “audace”, innovativo e fuori dagli schemi.
Antonietta Lovecchio
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.