Carli Giovanni, “E tu, cosa hai provato?”
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- Categoria: DIALOGHI
- Pubblicato Mercoledì, 23 Ottobre 2013 08:39
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A questa domanda, postami al termine di una rappresentazione, non ho dato risposta. Non ho voluto rispondere perché non ne avevo la possibilità, non avevo ancora riconosciuto i tratti dell’esperienza.
Ho accettato il compito che mi era stato chiesto di svolgere, con delicata insistenza, dopo un rifiuto iniziale legato alla consapevolezza delle mie capacità. Con l’accettazione ho voluto compiere un salto nel vuoto: mi sono affidato. Quell’esperienza che svela il significato della vita e ne alimenta il legame. Quell’esperienza che nella quotidianità può regalare profonde amarezze. Ho voluto che la mia emotività caratteriale non prendesse parte alla preparazione, lasciandomi poco a poco permeare dal significato profondo del testo e immaginandomi in quei tempi e in quei luoghi. Non ho pensato che al servizio da compiere, incurante dei pregiudizi miei e dei giudizi altrui. Dagli elementi di base alla Rappresentazione. Dalla Rappresentazione agli elementi di base. Qual è il significato di una rappresentazione? Ingenuamente mi sono posto anche questa domanda, man mano che procedevo nel lavoro e nel tentativo di farlo mio. Un primo vissuto è stato il senso di appartenenza: quelle parole sono anche parole mie, le sento vere, le sento vivere dentro di me. Il quesito successivo è stato: quale significato posso riconoscere nel rivivere simbolicamente una rappresentazione a centinaia di anni di distanza? Le mie considerazioni sono che la Natura si esprime per “modelli”: quando un “modello” raggiunge il massimo grado di perfezione, è poi utilizzato da tutte le specie che ne possono trarre giovamento. La rappresentazione è un modello simbolico perfetto, uno strumento in cui la specie Uomo può rigenerarsi e procedere nel suo cammino evolutivo. Il Tempo: se riconosco come attuali frasi pronunciate migliaia di anni fa, allora non posso faticare nell’immaginarmi in quel tempo e in quei luoghi; sono sempre io, nella mia dimensione più autentica. Con questa consapevolezza ora sono in grado di gestire un ruolo attivo all’interno di una relazione terapeutica, di una rappresentazione in cui ogni partecipante assume un ruolo, un personaggio a volte scelto e a volte assegnato. Una rappresentazione in cui il lavoro è riconoscere e riconoscersi nella parte più autentica. E quando avviene capita all’improvviso, senza nemmeno il tempo di accorgersi di ciò che succede. E si riprende da un nuovo punto di partenza, di confidenza e fiducia. E tu, cosa hai provato? Ora sono in grado di rispondere: emotivamente, nulla che potesse provenire da me.Ad uncerto punto ho credutoche il cuore avessedeciso di lasciarmi, tanto erano intense le sue pulsazioni e il mio pensiero è stato: questo è il momento della sincronia, orasiamo una cosa sola. Ero presente ma non ero io, ero io ma non ero lì… Terminato il lavoro, lasciato cadere il distacco e tornato nei miei panni, ho provato gioia, solo gioia.
“Noi non cesseremo la nostra esplorazione, e la fine di tutto il nostro esplorare sarà giungere là dove siamo partiti, e conoscere quel posto per la prima volta.” (T. S. Eliot, 1942).
Giovanni Carli