Bonomi Carla, Come è difficile poter osservare il “mondo sonoro” di Costantina

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L’ambiente, che mi fu assegnato dal Direttore Sanitario per realizzare l’osservazione musicoterapica, era situato al terzo piano della sezione maschile del reparto di Geriatria. Era l’unica stanza disponibile ed era utilizzata dai volontari per svolgere attività ricreative con gli ospiti del reparto. Nonostante avessi chiesto di mettermi a disposizione un ambiente scevro da stimoli superflui, sufficientemente isolato da rumori esterni, al fine di intervenire al meglio nella situazione non verbale, la stanza era stracolma di arredi: un armadietto, un mobile basso, un’angoliera a due piani su cui erano appoggiati due vasi di fiori secchi, otto sedie e, appesi alle pareti, c’erano un quadro e i disegni dagli ospiti. Rimasi visibilmente delusa. Feci notare l’impossibilità di poter intervenire, perché la stanza  straboccava di “stimoli” e al contempo era  priva di spazio per la presenza dei tavoli. In tutta risposta mi dissero: “È l’unica stanza a disposizione; non abbiamo altro”. Capii subito che non avevo altra scelta… dovevo adeguarmi! Chiesi però l’autorizzazione di spostare i tavoli e le sedie nell’ingresso della stanza. Autorizzazione che mi fu accordata a patto che la risistemassi al termine d’ogni seduta. All’inizio quindi d’ogni seduta (sia per la fase d’osservazione che nel successivo trattamento individuale) ero costretta a “modificare” l’ambiente. Portavo i tavoli, le sedie, il mobiletto e langoliera al di fuori della stanza, staccavo i cartelloni dalle pareti e la “risistemavo” al termine d’ogni singola seduta. Non potendo inoltre lasciare gli strumenti, perché l’armadietto era occupato dal materiale dei volontari, ero costretta ogni volta a portarli e riportarmeli via. Ero disposta a far tutto questo pur di non rinunciare all’esperienza musicoterapica. Cercai quindi di rendere l’ambiente il più accogliente possibile per entrambe, eliminando gli elementi d’arredo che potessero essere di disturbo per la terapia stessa. Lasciai quindi solo l’armadietto e un tavolo. Le due finestre presenti nell’ambiente inoltre lo illuminavano sufficientemente con luce naturale. Al centro della stanza collocai in modo circolare gli strumenti. La disposizione circolare permetteva a Costantina (nome di fantasia, in ottemperanza alla legge della privacy) di muoversi più agevolmente e mi permetteva di avere un più ampio spazio per l’osservazione. Proposi a Costantina l’utilizzo: di ben sette battenti, un cembalo, un jambè, un flauto dolce, due maracas, un tamburello basco, un tamburo, un triangolo ed un xilofono soprano. Il tamburo ed il jambè erano posti al centro. Disposi tre sedie, di cui due in cerchio, in posizione frontale vicino agli strumenti, un lettore CD per l’ascolto della musica, il tavolo con la sedia vicino la finestra (a destra dell’ingresso) e l’armadietto vicino alla parete a sinistra. Dal colloquio con le figure di riferimento (Primario, Infermieri, Caposala) che accudivano Costantina, non ebbi informazioni precise in merito alle preferenze musicali della ragazza. Alla mia domanda tutti mi rispondevano: “A Costantina piace la musica; ascolta di tutto”. Nessuno mi ha dato un’indicazione precisa. Non avendo notizie specifiche, mi affidai al mio intuito… Sapevo che Costantina aveva un’età anagrafica di ventinove anni ed un’età mentale che corrispondeva a due o tre anni (dati fornitemi dal Primario). In considerazione di ciò mi chiesi: “Qual è la musica che si propone ad un bambino piccolo? Qual era la musica che ascoltavo da piccola, che tanto mi piaceva?” A queste domande mi venne naturale e spontanea la risposta: “Le canzoni dello Zecchino d’Oro”. Tra le musiche, da me proposte all’ascolto, scelsi alcune canzoni dello Zecchino d’Oro: “Quarantaquattro Gatti, Il Pinguino Belisario e la Tartaruga Sprint”. Le sedute di osservazione musicoterapica avvenivano con cadenza settimanale per una durata massima di  trenta minuti. Prima dell’inizio d’ogni seduta, dopo aver accuratamente preparato la stanza, andavo a prendere personalmente Costantina al primo piano: “Reparto Disabilità”. Durante le tre sedute, Costantina mi accoglieva con gioia e accettava volentieri il mio invito. Gioia provata anche da me per la sua disponibilità a seguirmi. Ogni volta mi porgeva la mano e, di seguito, raggiungevamo la stanza di musicoterapia. Arrivate davanti alla stanza, invitavo gestualmente Costantina ad entrare. Costantina accettava sorridendo, dirigendosi sempre verso la sedia sistemata vicino alle maracas. Costantina, pur  mostrando la sua disponibilità a  venir con me, per tutte e tre le sedute della fase dell’osservazione, ha sempre assunto la postura seduta sulla sedia,  con il capo chino e gli occhi chiusi. Raggomitolata su se stessa, Costantina non guardava e non esplorava nessun strumento, e non stabiliva un contatto oculare con me. Inoltre, ogni qual volta mi avvicinavo al lettore CD per proporle l’audizione musicale, Costantina gridava perentoriamente: “No”. Tenendo quindi conto dello stato emotivo di chiusura (postura seduta, occhi chiusi, corpo raggomitolato) e del rifiuto verbale, manifestato da Costantina, ritenni opportuno non proporle l’ascolto degli eventi musicali predisposti, per evitare “qualsiasi” disagio emotivo. L’unico strumento musicale scelto da Costantina fu quindi la bocca, verbalizzando un perentorio: “No”. Musicalmente il “No” pronunciato da Costantina, con forte intensità,  corrispondeva ad una semiminima con altezza oscillante tra il MI4/RE4 e con l’orientamento dell’espressione sonoro – musicale rivolta a sé. Il silenzio caratterizzò musicalmente l’intera fase dell’osservazione musicoterapica. Io vivevo “paradossalmente” quel silenzio con serenità e disponibilità all’ascolto. Ero pronta ad accogliere qualsiasi cosa mi proponesse Costantina. Mi resi conto che Costantina viveva in ascolto di sé, alla perpetua ricerca del suo spazio “vitale”. In sede d’équipe, nel momento della valutazione osservativa, sebbene l’intervento musicoterapico si presentasse difficile, ritenni opportuno iniziare il trattamento individuale. 

Carla Bonomi

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