Neri Simona, In ascolto dell’anima e del cuore

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IN ASCOLTO DELL’ANIMA E DEL CUORE
… PENSIERI SOSPESI SUL FILO DELLE NOSTRE VIBRAZIONI…
DELLE NOSTRE EMOZIONI…
 
Angusti sono gli argini del cuore­
misura come il mare
nel suo ritmo possente ed infinito
monotonia celeste
 
finché l’uragano lo infrange
e non appena da se stesso vede
insufficiente il suo spazio
sconvolto il cuore impara che la calma
 
non è altro che un muro
di garza non violata
la spinta di un istante lo distrugge
il dubbio lo dissolve.
 
EMILY DICKINSON[1]
 
Ci sono momenti in cui anche mettersi in ascolto è assolutamente impossibile, momenti in cui si desiderano solo attimi di silenzio e non si è disposti ad ascoltare nessuno, nemmeno sé stessi.
Questi lunghi profondi attimi mi fanno riflettere e capire quanto io stessa faccia fatica a mettermi in ascolto di me quando l’ascolto degli altri non è sulla mia stessa frequenza.
Ma quale frequenza posso utilizzare?
Quale musica mi potrà aiutare?
Bonardi crede che sia ”una musica del cuore”[2] poiché ognuno di noi percepisce qualcosa che parte da qualcos’Altro ancora più celato e intimo che chiamiamo anima; l’anima sente questa “vibrazione” così simile a sé e la rende propria.
Quando abbiamo una nostra musica ad un tratto ci sentiamo più forti, in essa possiamo rifletterci, vederci e sentire tutta la felicità della nostra anima e al contempo tutta la sua infelicità, la sua impotenza e il suo limite.
Una vibrazione che ci permette di essere gioia e dolore, felicità e tristezza, malinconia e serenità contemporaneamente.
Così al di là delle parole che spesso ci confondono con i loro significati diventiamo comunicazione semplice e sonora, e come definisce Borgna in “Noi siamo un colloquio[3]” poiché tutto di noi è fatto per comunicare.
Così, riprendendo il pensiero di Bonardi[4], cerco di interrogarmi costantemente sul senso della musica che utilizzo in musicoterapia poiché questa ricerca non è un vezzo ma una necessità perché la musica diventa il mezzo per aprire una porta lontanissima, a volte chiusa a doppia mandata che svela il cuore e l’anima che allo stesso tempo mi coinvolge e mi sconvolge.
Perché la musica è un mezzo così ‘potente’ e così meraviglioso?
Credo che la musica ‘giusta’ risuoni e faccia risuonare le tonalità emotive mie e dell’altro, vivendo così lo stimmung.
“… il termine Stimmung, che si vuole tradurre come TONALITA’ EMOTIVA deve essere qui svuotato da ogni significato psicologico e restituito alla sua connessione etimologica Stimme e quindi alla sua dimensione acustico-musicale (… ossia) una ACUSTICA DELL’ANIMA[5].
Come è possibile tradurre in parole le emozioni, le tonalità emotive che ciascuno di noi prova ascoltando la musica ‘giusta’?
”… al di là della sua inscindibilità e della sua resistenza a qualsiasi traduzione discorsiva, la musica, questa musica, ci sottrae al dilagare delle distrazioni mondane e all’esteriorità e ci fa ri-tornare nella nostra interiorità: NELL’AREA SCONFINATA DELLE NOSTRE EMOZIONI; recuperandone il timbro inconfondibile e creativo.
I contenuti emozionali della musica, le risonanze emozionali e creative che essa desta in ciascuno di noi, cambiano e si rinnovano nel contesto della nostra diversa sensibilità e delle nostre diverse attitudini a sintonizzarsi con essa; ma la luce abbagliante della gioia e della tristezza e della nostalgia trapassa ogni indifferenza e ogni nostra apatia: trasformando profondamente la nostra vita interiore e il nostro cuore, la nostra memoria e la nostra percezione vissuta delle cose.”[6]
La musica è dunque qualcosa di impalpabile quasi inconsistente che è capace di provocare in tutti noi evoluzioni e rivoluzioni impensabili diventa un elemento vitale, indispensabile alla sopravvivenza umana; non a caso Wittegestein era solito citare che il movimento lento del terzo quartetto di Brahms lo aveva trattenuto quando si trovava sull’orlo del suicidio.
”… la musica fa dell’uomo un essere assurdo e appassionato e benché rinnovabile lo Charme della musica gli è prezioso come lo sono l’infanzia, l’innocenza o gli esseri cari destinati alla morte… lo charme è labile, fragile, e il presentimento della sua caducità avvolge di una poesia malinconica lo stato di grazia che esso suscita.” [7]
Il nostro lavoro musicoterapico quindi ci mette in stretto contatto con il cuore, con le esigenze del nostro cuore e il cuore dei nostri assistiti, imparando così ad ascoltare.
L’ascolto con il cuore è quindi una forma di conoscenza essenziale complementare alla ragione; e il cuore, che non è infondo se non un’altra immagine dell’intuizione (fenomenologica) e del conoscere ermeneutico.
L’ascolto con il cuore, come una sonda, consente di vedere la profondità dell’anima: le sue espressioni, i suoi abissi, le sue lacerazioni possibili e le sue increspature (Borgna).
Un ascolto quindi che si svela i possibili significati evocati dalla musica poiché … si presta meglio di ogni altra cosa a metaforizzare questo atteggiamento proprio per il suo costitutivo non essere ancorata a dei significati definiti.
Per lo stesso motivo, la musica rappresenta in generale un costante invito alla metafora.
Ogni metafora tenta di circoscriverla ma, per la sua stessa natura, che è allusiva e antiesaustiva, non può farlo che in modo delicato e sfuggente; e così rende al tempo stesso testimonianza alla sua inesauribile ricchezza.
La musica fornisce alla terapia molte suggestioni, che alimentano un pensare analogico e metaforico: e questo certamente giova alla terapia stessa, perché suggerisce di diventare più leggera e aperta.
Se l’indicibilità è l’essenza della musica, la terapia, nell’ispirarsi alla musica per dire delle parole allusive, parole insoddisfacenti per l’intelletto definitorio ma che nutrono la curiosità del viaggiatore, la sceglie come madrina, una madrina elusiva,come elusiva vorrebbe essere anch’essa l’analisi.[8].
Il linguaggio misterioso e luminoso della musica, la sua essenza indecifrabile e sfuggente (indicibile e ineffabile), si costituisce nondimeno come una componente radicale della vita: della vita psichica e spirituale.
Non bastano pochi secondi a rivelare tutta la malinconia o il dolore o la felicità che le persone che incontriamo ci portano, ma dopo anni di ricerca reciproca ecco che, nella lunga attesa, vedo apparire silenzioso e prepotente il mio dolore, la mia malinconia e… la mia gioia.
Il condividere di entrambi (persona/terapeuta) diventa ascolto reciproco e cammino insieme in questi momenti vivo il cambiamento poiché, con fatica, a volte sono in sintonia, ascoltando il cuore dell’altro, accolgo il mio.
Così sono sempre maggiormente convinta che non c'è ascolto se siamo sordi verso noi stessi poiché “scrivere ricette è la cosa più semplice al mondo; ascoltare la gente che soffre e chiede l’aiuto del medico, è la cosa più difficile e nobile.”[9].
Simona Neri
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[1] Dickinson E., Tutte le Poesie, a cura di M. Bulgheroni, Mondadori, Milano 1998 e in Borgna E., Noi siamo un colloquio, Feltrinelli, Milano 2000, p. 31.
[2] Bonardi G., Una musica del cuore, 21 agosto 2009, MiA, Musicoterapie in ascolto, http://musicoterapieinascolto.com/percorsi-di-senso/334-bonardi-giangiuseppe-una-musica-del-cuore
[3] Borgna E., Noi siamo un colloquio, Feltrinelli, Milano 2000.
[4] Bonardi G., (2009), M come… musica, MiA, 3 ottobre 2009, Musicoterapie in ascolto, http://musicoterapieinascolto.com/articoli/348-bonardi-giangiuseppe-m-come-musica
[5] Agamben G., Il linguaggio e la morte, Einaudi, Torino 1982 e in Borgna E., Noi siamo un colloquio, Feltrinelli, Milano 2000, p.81.
[6] Borgna E., Noi siamo un colloquio, Feltrinelli, Milano 2000, p. 84.
[7] Jankélévitch V., La musica e l’ineffabile, Bompiani, Milano 1998, e in Borgna E., Noi siamo un colloquio, Feltrinelli, Milano 2000, p. 84.
[8] Romano A., Musica e Psiche, Bollati Boringhieri, Torino 1999, e in Borgna E., Noi siamo un colloquio, Feltrinelli, Milano 2000, p. 85.
[9] Kafka F. Aforismi, edizioni Ten, citato anche in Kranz H., Depressionen, Bonaschewski, Munchen-Grafeling 1970 e in Borgna E., Noi siamo un colloquio, Feltrinelli, Milano 2000, p. 97.