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Categoria: ARTICOLI
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Pubblicato Giovedì, 06 Novembre 2008 10:24
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Il pensiero dinamico di Marius Schneider
Analizzando1 con attenzione alcuni contributi dell’opera etnomusicologia di Marius Schneider2 scopriamo che, per comprendere appieno la realtà che viviamo, dobbiamo adottare un pensiero dinamico poiché spesso pensiamo il dato di realtà come un fatto statico non ascoltando (accogliendo) la sua essenza dinamica.
Una realtà dinamica quindi può essere compresa solamente da un pensiero dinamico che indaga i fenomeni, considerandoli, non come eventi statici, ma come manifestazioni vitali, ascoltando e accogliendo la loro dimensione essenzialmente… ritmica.
Monismo dinamico, dualismo… ritmo
Per Schneider, l’idea di ritmo affonda le sue radici nel concetto di monismo dinamico che nasce dalla “penombra intellettuale delle più primitive culture umane3” che scaturisce a sua volta “dall’osservazione quotidiana del dualismo della vita, così evidente nell’esistenza dei due sessi, e nello scambio perpetuo della luce e dell’oscurità.
Dato questo dualismo permanente della Natura, nessun fenomeno determinato può costituire una « realtà intera », ma solo la metà di una totalità.
Ad ogni fenomeno (per esempio a una donna o alla notte) deve corrispondere un fenomeno analogo (un uomo, il giorno), con il quale formare una totalità, cioè, una « realtà intera ».
Solo l’unione di tesi e antitesi può giungere a formare un insieme totale.
L’insieme più generale è formato, dal macrocosmo (il cielo maschile e la terra femminile), la cui configurazione si ripete (per analogia) continuamente nel microcosmo.
Ogni tesi nasce, si svolge ed anche viene creata dalla sua antitesi, perché ogni parte della totalità è il compimento o il riflesso della parte vicina4.
“Questo dualismo iniziale presenta due aspetti.
Può essere interpretato come una attività di due forze in opposizione (dualismo propriamente detto) o come una attività di forze in compensazione (monismo dinamico)5.
La realtà è formata quindi da fenomeni in compensazione e ogni fenomeno è un ritmo.
Non a caso Schneider definisce il ritmo come “un fenomeno dinamico naturale6, sottolineando, di fatto, l’essenza dinamica che caratterizza qualsiasi dato di realtà fenomenica.
Ritmo
=
fenomeno dinamico
naturale complesso
Ogni elemento organico e inorganico è quindi ritmo e, per il pensatore alsaziano, la realtà è intessuta da “quei fenomeni dinamici complessi che chiamiamo ritmi7.
Schneider delinea quindi una rappresentazione cosmogonica, essenzialmente ritmica, della realtà.
Ogni fenomeno, percepito e vissuto, è quindi un “ritmo”, ossia è l’espressione del rapporto di equilibrio che sussiste tra le “parti contrastanti” che lo compongono8.
Se così non fosse, il fenomeno non potrebbe sussistere. Pertanto anche un semplice suono, ossia un fenomeno, esiste poiché, i parametri che lo compongono (altezza, intensità, durata, timbro) non prevalgono, ma stabiliscono tra loro un rapporto di compensazione di forze in equilibrio dinamico, ossia un “ritmo” che in questo caso, specifico, chiameremo suono.
Il concetto di ritmo, così delineato, travalica l’usuale ambito musicale in cui lo collochiamo, poiché, di fatto, può essere rintracciato in ogni fenomeno percepito e vissuto.
Pertanto un oggetto, un animale, una pianta, un sentimento, in poche parole qualsiasi cosa è ritmo.
Se la generalizzazione del concetto di ritmo può creare in noi, pensatori analitici, qualche ragionevole dubbio, essa ne enfatizza il carattere acustico della realtà per cui un oggetto, una persona, un animale, un sentimento, ecc., non sono solo fenomeni visibili e, in un certo senso, statici, ma acustici, dinamici, essenzialmente vivi.
Percepire il fenomeno come ritmo implica in noi un mutamento di prospettiva che ci porta, inevitabilmente, a recepire l’aspetto dinamico della realtà. Una tazza, un gatto, una persona, ecc., qualsiasi fenomeno è, e _ contemporaneamente _ ha, il proprio ritmo.
Percepire ritmi
La percezione del ritmo, per Schneider, “si realizza quasi completamente negli strati inferiori della coscienza9” e si avvera solo quando lo si vive poiché “per vivere un ritmo è indispensabile abbandonarsi senza riserve a tale ritmo per un tempo molto lungo, scartando ogni tipo di intervento dell’intelligenza discorsiva.
Se, al contrario, resistiamo intellettualmente alla esperienza vissuta del ritmo, sia per poterlo mettere per iscritto, senza averlo previamente vissuto, sia perché lo consideriamo solamente un rumore informe, questo ritmo ci comunica un alto grado di nervosismo10”.
L’esperienza ritmica vissuta “si ottiene soltanto con il metodo intuitivo o diretto, mediante il quale si percepisce subito tutta la forma ritmica come una « forma intera » e un movimento indivisibile11”.
Percepire un ritmo, quindi, non equivale ad analizzarlo ma a viverlo, vivendo l’essenza del fenomeno stesso.
I parametri del “ritmo”
La disanima del pensiero schneideriano evidenzia l’equivalenza tra il fenomeno e il ritmo ma, a questo punto del discorso, é opportuno chiedersi quali siano i “parametri” che, interagendo tra loro, formano la dimensione ritmica di un fenomeno osservato, ossia ascoltato, accolto.
Uomo, corpo… anima
Al riguardo, Schneider propone l’analisi del fenomeno “uomo”, evidenziandone alcuni ‘parametri’ costitutivi, ossia il “corpo mortale e un’anima12”.
Il pensiero schneideriano assume ora una dimensione mistica, spiritualista, sottolineando nell’uomo la presenza simultanea di due forze ‘contrarie’: il corpo e l’anima.
L’anima, per Schneider, “… contiene una parte mortale ed una parte immortale13.
Per quanto è visibile in questo mondo, l’anima umana si presenta alla luce del sole come un’ombra e si percepisce nell’acqua come l’immagine sonora del corpo14”.
La dimensione acustica del ritmo risiede quindi nella parte immortale dell’anima. L’essenza del fenomeno “uomo” è quindi acustica “la parte immortale dell’anima è la forma sonora e il ritmo essenziale e imperituro dell’uomo15”.
In questa prospettiva percepire, ascoltare una persona significa accogliere la sua “anima musicale” che si manifesta essenzialmente, per Schneider, nel “timbro della voce, […] e, soprattutto, nella maniera (fine, rozza, volgare, ecc.) innegabilmente individuale di cantare - in poche parole, il ritmo sonoro personale - sono i riflessi più fedeli di ogni individuo16”.
L’essenza di una persona “si manifesta nel modo di cantare una melodia, cioè un carattere individuale che nessuno può imitare.
La melodia della canzone propria può essere una qualunque canzonetta; ma questa melodia diventa una canzone propria, quando la si canta in un modo originale17. Generalizzando il dualismo corpo-anima, è verosimile affermare che qualsiasi “fenomeno” ha una ‘materia’ e, contemporaneamente, “un’anima”, ossia una dimensione acustica.
Imitare ritmi
L’uomo, in particolare, ha la capacità di conoscere la dimensione acustica dei fenomeni, ossia la loro “anima”, imitandoli con il corpo-voce poiché “l’essere umano, […] possiede la facoltà di poter imitare direttamente o indirettamente un gran numero di ritmi altrui e di ritmi fondamentali della Natura.
Orbene, imitare è identificarsi, nel più alto grado possibile, con l’oggetto imitato e, fino ad un certo punto, conoscere le sue leggi intime, cioè dominare l’oggetto copiato18”.
In questa prospettiva imitare, ad esempio, un animale significa essere quel determinato fenomeno così come accade in quelle popolazioni che vivono, tuttora, la dimensione totemica individuale e/o di gruppo19.
La capacità imitativa di innumerevoli ritmi genera nell’essere umano una “collisione (che) determina il carattere equivoco e l’inquietudine spirituale dell’uomo20”.
La dimensione “ritmica” della realtà
La dinamica vitalità del ritmo non riguarda solamente l’essenza di ogni fenomeno in sé ma è l’aspetto essenziale delle possibili relazioni che intercorrono tra fenomeni differenti.
Se ad esempio consideriamo il fenomeno a, formato da due crome, e lo mettiamo in relazione con il fenomeno b, costituito da una semiminima, la relazione che scaturisce tra i due fenomeni contrari è un piede metrico, che la musicologia codifica come anapesto _ (http://www.musicoterapieinascolto.com/122-anapesto _.
La realtà del piede metrico dattilo e anapesto è ritmica perché essi sono l’espressione della relazione di equilibrio dinamico che intercorre tra i due fenomeni originanti gli specifici metri.
Analogia, ritmo comune e fattori S
Finché riusciamo ad elaborare esemplificazioni facilmente intuibili, riconducibili ad un ambito conosciuto, la lettura della realtà in chiave ritmica è possibile e convincente ma quando Schneider ci sollecita a individuare l’aspetto ritmico che pone in relazione fenomeni evidentemente differenti, la nostra perplessità ci assale, inducendo in noi un sentimento di scetticismo e smarrimento.
Ad esempio come è possibile mettere in relazione un’antica tromba guerriera con un asino?
La proposta schneideriana può suonare come una provocazione ma, forse, è comprensibile solamente se siamo in grado di accogliere la forma di ragionamento più antica, già conosciuta e utilizzata dall’uomo vissuto in epoca megalitica.
A riguardo, Schneider afferma che “ogni volta che due fenomeni presentano un carattere comune e che questo carattere sembra essenziale nella strutturazione di ambedue i fenomeni, si stabilisce tale relazione di analogia21”.
In questa prospettiva, per ritornare al nostro esempio, l’asino e la tromba possono avere una relazione analogica purché si riesca a individuare quel “carattere comune” che li accomuna. Un ragionevole dubbio ci assale ma seguiamo le indicazioni del pensatore alsaziano: “un fenomeno a b c S è apparentato essenzialmente con il fenomeno d e f S dall’elemento S, a condizione che questo fattore S costituisca o sembri costituire un elemento fondamentale nella strutturazione di ambedue i fenomeni.
Ma questo elemento S non è un fattore isolabile, anzi, al contrario, tutti gli elementi di ogni fenomeno costituiscono un complesso ritmico indissolubile. fattori S, che pongono in relazione i differenti fenomeni, li chiameremo il « ritmo comune »22”.
Seguendo il pensiero schneideriano posso trovare quindi una relazione d’analogia tra l’asino e la tromba solamente se individuo i fattori S, ossia il «ritmo comune» che mette in relazione i due fenomeni.
Ora, a questo punto del discorso, alcuni interrogativi mi sovvengono in mente: quali sono i fattori S e qual è il ritmo comune che mette in relazione analogica l’asino con la tromba?
Forse la soluzione è vicina poiché Schneider afferma: “gli esseri primitivi considerano come un ritmo di parentela S, prima di tutto, il timbro della voce, il ritmo ambulatorio, la forma del movimento, il colore e il materiale23”.
La relazione d’analogia avviene quindi, prima di tutto mediante il timbro della voce, poi con il ritmo ambulatorio, la forma del movimento, il colore e, infine, la materia.
Pertanto, il fattore S, il ritmo comune che pone la tromba in relazione analogica con l’asino è, in questo caso, essenzialmente di tipo acustico poiché il timbro della ‘voce’ dell’asino è analogo a quello della tromba,“giacché il timbro e la «melodia» di questa tromba (antica) sono assolutamente identici al grido dell’asino.
È chiaro che, nonostante tutto, la differenza tra una tromba e un asino continua ad essere molto grande; ma, se si considera il piano acustico come il criterio mistico essenziale di un fenomeno, l’equazione tromba con due suoni = asino è perfetta e logica24”.
Trovando così un legame convincente tra i due fenomeni, appartenenti evidentemente a piani morfologici differenti, la provocazione schneideriana inizia a dissolversi, assumendo la dimensione di una stimolante proposta che ci induce a riflettere.
Una riflessione che dischiude la possibilità di poter adottare, con cautela e tranquillità, la forma più antica di ragionamento che l’uomo abbia elaborato, utilizzandola in quelle situazioni dove l’argomentazione causale, di cui siamo avvezzi conoscitori, mostra i suoi evidenti limiti.
Giangiuseppe Bonardi
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1I contenuti proposti nell’articolo sono già stati pubblicati in Musicoterapie in… ascolto il 6 novembre 2008.
2Schneider Marius, (1946), Gli animali simbolici e la loro origine musicale nella mitologia e nella scultura antiche, Rusconi, Milano 1986.
3Schneider M. Op. cit. p. 6.
4Schneider M. Op. cit. p. 6.
5Schneider M. Op. cit. p. 7.
6Schneider Op. cit. p. 24.
7Schneider Op. cit. p. 27
8Il concetto di ritmo inteso come compresenza di ‘forze’(fenomeni) contrastanti è stato ampiamente sostenuto dal M° Bernardino Streito in molteplici seminari formativi di ambito musicoterapico.
9Schneider M. Op. cit. p. 24.
10Schneider M. Op. cit. p. 24.
11Schneider M. Op. cit. p. 24.
12Schneider M. Op. cit. p. 11.
13Schneider M. Op. cit. p. 11. Sul principio doppio dell’anima ai veda anche B. Ankermann, Totenkult und Seelenglaube bei africanischen Völkern, « Zeitschr. f. Ethnologie », 1918, vol. 50, pp.89 ss.
14Schneider M. Op. cit. p. 11.
15Schneider M. Op. cit. p. 12.
16Schneider M.. Op. cit. p. 21.
17Schneider M. Op. cit. p. 18.
18Schneider M. Op. cit. p. 10.
19Schneider M. Op. cit. p. 16.
20Schneider M. Op. cit. p. 29.
21Schneider M. Op. cit. p. 8.
22Schneider M. Op. cit. p. 8.
23Schneider M. Op. cit. p. 8.
24Schneider M. Op. cit. p. 157.