Delogu Chiara, Puzza, pazzo, pizza, t’ammazzo, ovvero le parole dell’amore
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- Categoria: HUMANA MUSICA
- Pubblicato Giovedì, 22 Aprile 2010 08:55
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È pacifico che
tutte le passioni ricadono
sotto il dominio della pazzia.
Infatti il contrassegno per cui
il pazzo si distingue dal savio
è che l’uno si lascia
governare dalle passioni,
l’altro dalla ragione.
Erasmo da Rotterdam,
Le parole sono unità del linguaggio umano istintivamente presenti alla consapevolezza dei parlanti.
Quotidianamente abbiamo a che fare con le parole, ma ciò che vale per una lingua non necessariamente vale per un’altra.
La linguistica, a tutt’oggi, non è riuscita a definire la nozione di parola una volta per tutte.
Così la nozione di parola fonologica, non coincide con quella morfologica o sintattica.
Verrebbe da pensare che, anche nel caso di Michele, che continua a ripetere le stesse parole che presentano una similitudine fonetica, ci siano diversi gradi di nozione delle parole reiterate.
Le parole sorgono primariamente per la designazione delle cose fisiche e concrete e solo successivamente sono portati a significare le cose della mente e dell’anima.
Ed è qui che entra in gioco l’isomorfismo tra suono e senso: il significante può rivelarsi come una trasposizione fonosimbolica di certe configurazioni visive o motorie, che accompagnano un determinato contenuto emotivo.
Per esempio Michele[2] dice “t’ammazzo”, espressione di odio e aggressività, in concomitanza con l’irrigidimento dell’intero organismo nell’atteggiamento che si predispone all’attacco.
Le consonanti fricative e affricate riproducono i vari rumori sibilanti di fischio, sibilo, ronzio, nonché quelli aerei, che mi portano a riflettere sul desiderio di eliminare anche fisicamente, matericamente le parole.
La componente sibilante, tipica dei suoni percepiti come penetranti e taglienti, nella cui produzione sono spesso implicate azioni molto veloci, assorbe la mia attenzione.
Dumas[3], uno dei pochi psicologi che ha trattato dell’espressione fonetica delle emozioni, ha esaminato i mutamenti che le varie emozioni provocano nella voce umana, mostrando come esse influiscano sul volume, sull’altezza, sull’allungamento o accorciamento dei suoni, sulla posizione degli accenti.
Rifletto: Michele utilizza parole con toni acuto e grave, sono presenti rotture e percussioni, rimbombi e risonanze, vibrazioni e attriti, sibili e ronzii, di altezze, timbro e intensità diverse, con una predominanza di spigolosità, velocità e durezza.
Forse Michele rimuove simbolicamente da sé, con le parole, i concetti di “t’ammazzo”, riferiti a se stesso in terza persona e a me, di “pazzo”, di “pizza” (suo cibo preferito) e di “puzza”.
Forse che le puzze lo liberano dalla pazzia?
Non è dato sapere.
Ciò che è certo è che l’universo delle “Z” è una costellazione affascinante che cattura la mia attenzione e l’oralità di Michele.
Ciò che dà piacere e/o fastidio non sono le cose ma le parole, le parole insite in queste.
Come suggerì Zarathustra, ciò che rende le cose rigeneranti sono i nomi e i suoni loro conferiti.
Basta una sola parola a trasformare il principe in un ranocchio. Non sono necessarie streghe.
Il corpo ha una filosofia sua propria.
Per il corpo la realtà non è esattamente ciò che noi in genere indichiamo con questo nome.
Non è qualcosa di dato.
È piuttosto il risultato di un’operazione alchemica, in cui alle parole si aggiunge una materia senza nome.
Così si crea il suo mondo.
Questo e solo questo è ciò che si dà al corpo da mangiare. Guimaraes Rosa[4] rivelò di avere grande dimestichezza con la saggezza del corpo dicendo che tutto è reale, perché tutto è inventato.
E Norman O. Brown[5] sostiene che “siamo fatti di sogni…” e allora quello che vomitiamo, facciamo fuoriuscire dal nostro corpo non è una cosa, ma i brutti sogni, gli incubi evocati dalla parola stregata.
Chiara Delogu
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[1] Erasmo da Rotterdam, Elogio della pazzia, Rizzoli, Milano 2004.
[2] Nome di fantasia, in ottemperanza alla legge della privacy.
[3] Dumas, La vie affective, Presses Universitaires de France, Paris 1948.
[4] Guimaraes Rosa, Grande sertao, Feltrinelli, Milano 1988.
[5] Norman Brown, Love’s Body, Vintage Books, New York 1966.