Bonardi Giangiuseppe, Il viaggio nella musica naturale
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- Categoria: HUMANA MUSICA
- Pubblicato Martedì, 11 Settembre 2012 09:21
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In ascolto
Nello spazio che mi circonda, cerco con fatica il luogo che preferisco e lì vi permango per un tempo adeguato.
È così che inizia il viaggio poiché, come sempre, tutto inizia da me e tutto ritorna a me.
Nel mio spazio e nel mio tempo, nello spazio-tempo che ho scelto all’inizio del viaggio, mi metto in ascolto e cerco di percepire la musica del mio corpo.
Quali sensazioni provo?
Quali sensazioni provo?
Quali emozioni mi pervadono?
Quali sentimenti affiorano?
Quali vissuti provo?
Benessere?
Malessere?
Piacere?
Dolore?
Rimango lì in ascolto e percepisco il flusso del mio respiro.
Com’è la musica del mio respiro?
Calma?
Affannata?
Flebile?
Profonda?
Gradevole?
Irritante?
Sono attratto dal giambo pulsare del mio cuore.
Qual è la musica del mio cuore?
Tranquilla?
Tumultuosa?
Delicata?
Decisa?
Dolorosa?
Piacevole?
Ora sono giunto alla prima sosta del mio viaggio.
Stanco e contento scrivo nel mio diario tutti i vissuti che ho finora provato.
La musica naturale
Eccomi nuovamente al punto di partenza per riprendere il viaggio.
Mi trovo quindi nel mio spazio-tempo in ascolto del mio corpo respirante.
Quali sensazioni mi pervadono?
Benessere?
Dolore?
Sento ora l’esigenza di esplorare, prima con le braccia e poi con le gambe, lo spazio che mi circonda.
In alto.
In basso.
In ogni direzione.
Tendo l’orecchio, ascolto, accolgo l’impercettibile, silenziosa melodia che compongo nell’aria circostante.
Eseguo quindi una musica delicatissima e lentissima che muta continuamente; ora è leggera come il movimento di una farfalla ora diventa pesante come un macigno.
Eseguo quindi una musica delicatissima e lentissima che muta continuamente; ora è leggera come il movimento di una farfalla ora diventa pesante come un macigno.
Che cosa provo?
Fresco?
Caldo?
Fastidio?
Piacere?
Fatica?
Benessere?
Ora esploro il mio spazio-tempo utilizzando tutto il corpo.
Fastidio?
Piacere?
Fatica?
Benessere?
Ora esploro il mio spazio-tempo utilizzando tutto il corpo.
Danzo nell’aria, seguendo con il corpo la mia inudibile musica.
Con calma, con estrema calma, eseguo movimenti ascensionali o discendenti guidato dalla curiosità dell’orecchio in cerca di emozioni sonore appaganti.
Suono con il corpo le mie sensazioni, le mie emozioni, i miei sentimenti, i miei vissuti e, contemporaneamente... rimango in ascolto della mia silenziosa musica.
Così son giunto alla seconda fermata del mio viaggio e stanco ma contento scrivo sul mio diario di viaggio i vissuti finora provati.
Musiche naturali
Accoccolato nel mio spazio-tempo, sento ora l’esigenza di esplorare altri spazi, altri tempi.
Lascio il luogo di partenza.
Con estrema calma e accortezza cerco un ‘nuovo’ spazio da esplorare.
Lo scelgo con cura, con estrema cura.
Che cosa provo?
Che cosa provo?
Che cosa sento?
Piacere?
Dispiacere?
Freddo?
Dispiacere?
Freddo?
Calore?
Durezza?
Morbidezza?
Timore?
Gioia?
Tristezza?
Felicità?
Preoccupazione?
Turbamento?
Serenità?
Chissà se altri spazi e altri tempi mi sollecitano vissuti diversi, maggiormente coinvolgenti.
Non mi resta che provare ad ascoltare le musiche emozionali che percepisco, esplorando con l’orecchio accogliente il maggior numero possibile di spazi e di tempi.
Dopo tanto vagare ritorno al punto di partenza poiché son giunto alla terza sosta del viaggio. Annoto quindi i vissuti provati, unitamente ad una strana considerazione.
Nel mio peregrinare, assorto nella mia ricerca, ho percepito altre presenze, altre persone che come me probabilmente cercavano, ascoltavano... che cosa?
L’ascolto osservante
Riprendo il viaggio con il desiderio di osservare l’altro.
Ma cosa significa osservare?
Vedere?
Guardare?
Ascoltare?
Ascoltare con gli occhi?
Ascoltare con le orecchie?
Ascoltare con gli occhi e le orecchie?
Allora osservare significa ascoltare?
Tra le innumerevoli persone ne scelgo una in particolare e la osservo, la ascolto.
Tra le innumerevoli persone ne scelgo una in particolare e la osservo, la ascolto.
Rimango, dove sono o mi avvicino?
Mi avvicino ma non troppo perché altrimenti mi sento a disagio, o induco nell’altro disagio?
Allora con fatica cerco una distanza possibilmente giusta e osservo?
Osservare significa ascoltare e ascoltare significa accogliere, per cui rimango in ascolto.
Che cosa provo?
In quali vissuti sono immerso?
Apprensione?
Calma?
Turbamento?
Serenità?
Benessere?
Disagio?
Così facendo mi rendo conto che in realtà non osservo solo con gli occhi ma con le orecchie.
Sì, con le orecchie mi metto in ascolto, cioè accolgo, di fatto, me stesso e l’altro?
Rimango in ascolto di me e percepisco il cuore in tumulto, il respiro affannato poi, lentamente accolgo i miei vissuti agitati; solo allora la preoccupazione e il trambusto si placano così posso percepire l’altrui presenza.
Cosa vivo?
Che cosa vive l’altro?
Timore?
Tranquillità?
Fastidio?
Piacere?
Gioia?
Dolore?
Rifiuto?
Angoscia?
Serenità?
Delicatezza?
Pesantezza?
Provo quindi una particolare, caleidoscopica, coalescenza di vissuti contrastanti.
In relazione a ciò che percepisco di me e dell’altro, a volte ascolto, altre, rispondo al richiamo sonoro che l’altro esprime mentre intona una particolare emozione.
Cerco di essere una presenza discreta, ma che fatica!
Tutto ciò mi appare strano poiché in realtà più osservo e ascolto l’altro più percepisco me stesso.
Per questo l’osservazione-ascoltante è un’attività impegnativa e appassionante poiché mi spinge verso la ricerca del silenzio accogliente, ossia di uno spazio silente in cui posso percepire le mie sonorità emotive e, contemporaneamente, quelle altrui.
Cerco di fare una distinzione chiara tra ciò che vivo io e quello che l’altro prova.
A volte ci riesco; in altri momenti mi trovo in difficoltà.
Se osservo altre persone proverò lo stesso vortice emozionale o vivrò altre passioni?
Per rispondere a questa domanda provo a osservare, ossia ad ascoltare, in altre parole, accogliere il maggior numero possibile di persone. L’esperienza mi ha provato lungamente e, per questa ragione, ritorno al mio punto di partenza, dove finalmente mi riposo, scrivendo sul mio diario di viaggio ciò che ho vissuto.
Interazioni musicali
Riprendo il viaggio con un nuovo desiderio: voglio interagire con un’altra persona.
La scelgo con cura e mi pongo di fronte a lei in ascolto.
Cerco di accogliere ciò che provo.
Cerco di intuire ciò che prova l’altro.
Poi, scelgo con cura un’emozione piacevole che proviamo entrambe e la intono accompagnandola con il lento gesto delle braccia.
Che cosa provo?
Che cosa provo?
Che cosa prova l’altro?
A volte conduco, altre mi lascio condurre.
È bello essere ora l’eco acustico dell’altro e, in un altro momento, diventare il conduttore musicale dell’interscambio, sfiorandoci con le mani, mantenendo gli occhi socchiusi o accogliendoci con lo sguardo.
I nostri gesti quasi sincronici delineano nell’aria evanescenti linee melodiche della nostra musica punteggiata da silenzi accoglienti o da consonanti proposte che trasformano in piacere anche i dissonanti momenti del nostro incontro.
La nostra composizione musicale vola verso l’alto, il cielo; sembra quasi un anelito che delinea la nostra dimensione spirituale per poi scendere dolcemente verso il basso, la terra, la nostra dimensione corporea, per rimanere quindi sospesa al centro nella ricerca di un nostro equilibrio dinamico.
Che cosa stiamo comunicando?
Quali sensazioni corporee condividiamo?
Quali emozioni ci pervadono?
Quali sentimenti suoniamo?
Calore?
Delicatezza?
Timore?
Dolcezza?
Calma?
Piacere?
Il fatto strano è che pian piano percepisco il suono dei nostri vissuti; i vissuti sonori intonati anche con i gesti diventano musica, la nostra musica.
Forse, la vera musica non è altro che manifestazione acustica di sé, del proprio tempo, dei propri affetti che risuonano nello spazio.
Quando il proprio sé acustico incontra un altro sé sonante, nasce un’armonia emozionale, dove i partecipanti vivono l’esperienza di un tempo comune, qualitativamente non misurabile, cairologico.
Questa meravigliosa sensazione sonora la vorrei rivivere con altre persone per cui cerco di interagire con il maggior numero di individui che riesco a incontrare nel mio percorso.
Dopo innumerevoli interazioni finalmente mi concedo il meritato riposo. Con calma scriverò sul mio diario di viaggio i vissuti provati durante gli incontri musicali.
Musiche naturali condivise
Mi trovo nuovamente nel mio spazio-tempo e, memore della precedente esperienza, riparto con la precisa intenzione di interagire con altre tre persone.
Sono nel gruppo.
Mi pongo in ascolto.
Cerco di percepire la presenza delle altre persone.
Che cosa provo io?
Che cosa provo io?
Che cosa provano gli altri?
Cerco di percepire una mia emozione gradevole e, con un gesto, la dono al gruppo.
Qualcuno mi risponde altri sono in ascolto, altri esprimono la propria musica interiore.
Sono assorto nella mia coinvolgente espressione musicale e accolgo il mio respiro.
Quando lo percepisco con chiarezza, lo intono, musicando l’emozione che vivo.
Tutto inizia piano piano poi, quando lo stupore e la meraviglia si stemperano, ecco che il mio vocalizzo diventa più chiaro ma mai invadente.
Con stupore qualcuno risponde al canto e lentamente tutto diventa un’avvolgente polifonia: ascolto e sono ascoltato.
Propongo e qualcuno mi accoglie.
Con alcuni riesco a interagire mentre perdo il contatto con altri che ricerco subito dopo.
Tutto ciò è coinvolgente e faticoso, ma vorrei rifare l’esperienza in altri gruppi.
Finalmente, dopo un’ubriacatura di interazioni musicali, ritorno al mio punto di partenza e mi rilasso scrivendo sul mio diario di viaggio i vissuti provati.
Mi rendo conto che, dopo questa tappa, il mio viaggio è ormai concluso.
Ripenso alle esperienze vissute durante il viaggio ed io mi sento rinnovato.
Giangiuseppe Bonardi
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